PARMA – Accolgono i rifugiati nelle proprie vite, gli danno un letto, cibo e un nuovo posto da chiamare casa. Sono le 20 famiglie che da fine maggio ospiteranno per 9 mesi alcuni dei 160 profughi ospiti del servizio Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) della provincia di Parma. A ognuna spetterà un rimborso di 300 euro al mese grazie al quale si prenderanno cura del proprio ospite. L’idea di coinvolgere i cittadini a dare una mano nell’accoglienza dei migranti è del Ciac, Centro immigrazione asilo e cooperazione, che si occupa dei profughi che fanno richiesta di asilo. Il progetto si chiama “Rifugiati in famiglia” ed è ancora nelle fasi preliminari. In questi giorni gli operatori del centro stanno ultimando i colloqui con le famiglie e i migranti in modo da conoscere bene le esigenze di ognuno e sistemarli al meglio.
Tra di loro c’è anche Angela Pagani, 33 anni, che vive e lavora a Fidenza, in provincia di Parma, e insieme ai suoi coinquilini, si sta organizzando per ospitare uno dei rifugiati. “Stiamo sistemando la nostra casa – racconta Angela – abbiamo ridipinto la stanza dove dormirà, aggiustato un vecchio armadio e comprato un letto nuovo”. È stata lei a parlare del progetto del Ciac ai ragazzi con cui abita. “Dopo aver partecipato al primo incontro, in cui è stato presentato il progetto, sono tornata a casa entusiasta e con la voglia di dare una mano – continua Angela –. Ne ho parlato con i miei coinquilini che non ci hanno pensato due volte. Noi viviamo da anni in co-housing e l’idea di accogliere un’altra persona è in linea con il nostro stile di vita”.
Il progetto “Rifugiati in famiglia” è il primo esperimento in questo senso in Italia. L’obiettivo è coinvolgere le persone del territorio nell’accoglienza e nell’integrazione dei profughi. Per ora sono 20 le famiglie, in tutta la provincia di Parma, ad aver risposto all’appello del Ciac. “Speriamo che a queste se ne aggiungano altre – dice Chiara Marchetti del Ciac – A fine maggio inizieranno i primi inserimenti all’interno di 4 famiglie, poi gradualmente verranno coinvolte anche le altre”. Una psicologa assisterà le famiglie e i rifugiati durante i 9 mesi con un incontro alla settimana. I migranti che parteciperanno al progetto del Ciac sono quasi tutti ragazzi di 20 anni. Hanno ottenuto lo status di rifugiato, conoscono l’italiano e sono già inseriti in percorsi di formazione o hanno iniziato un tirocinio. “Il senso del progetto è l’integrazione all’interno delle comunità in cui vivono i migranti – conclude Marchetti – Condividere la quotidianità con le famiglie del territorio in cui si trovano è un modo per entrare a far parte del tessuto sociale”. Ogni famiglia si prenderà cura di un solo rifugiato garantendogli non solo vitto e alloggio, ma anche il calore di una famiglia. (Dino Collazzo)
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